Berlino a pezzi

Leggi su Biró Alberto ha  gli occhi così chiari che spesso lacrimano alla luce del sole.  Da ragazzi ci scherzava su, diceva che per quello amava la notte; in effetti, con il buio si comportava in modo molto diverso rispetto al giorno. Al mattino restava zitto, mi salutava muovendo appena la testa; le sere invece le passavamo a parlare fino a tardi sui sedili della sua jeep, la radio spenta. Solo in quelle occasioni lo riconoscevo davvero: facevamo commenti su quanto erano stronzi i nostri padri o su quanto avremmo voluto andare via da quel paese dove c’erano ancora le case di pietra – e lui sarebbe partito davvero. Nei momenti di silenzio mi giravo e sbirciavo le stelle e la luna fuori dal finestrino. Quando stavo con lui valevo qualcosa: Alberto era bravo a far sentire le persone speciali: – Vuoi sapere una cosa che non ho mai detto a nessuno? Non raccontarla, è un segreto. Mi era sempre piaciuto quel tipo di amicizia, quella che a tratti diventava manipolazione. Mi hanno detto che tornerà presto da Berlino. La prossima settimana. L’ultima volta che è venuto in visita ci siamo visti a casa sua: era difficile trovare ancora qualcosa da dirci dopo tutti quegli anni. Per non disturbare siamo andati nella sua camera, come se fossimo entrambi ospiti. Era la camera dove Alberto era cresciuto: armadi con su attaccati gli adesivi, stelle fosforescenti sui muri, un trionfo di poster adolescenziali mai levati, per pigrizia, e un mucchio di roba ad accumulare polvere. Mi sono seduto […]

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