Epitome dell’errore

Leggi su Biró Ho un refuso nel pensiero, un piccolo tarlo che mi  fa sentire sempre in errore: è evidente il suo maleodore, e lo scaccio e ritorna,  ritorna e lo scaccio, non riesco a metterlo in un sacco. Mi fa forse compagnia la sensazione che in ogni cosa che faccio un errore ci sia? Maestranze, spiegate le vele, si vola lontano, lontano dal posto in cui galleggia l’errore che sempre mi fece credere di vivere nel disonore.  Si può dir così: una mattina molto presto mi sono svegliata dopo inquiete turbe matrimoniali. Perché ora russi, perché tremi un po’, vai sul divano?, lasciami riposare.  Ho preso treni, insegnato a ragazzini molesti e gentili, fatto tutto quello che dovevo fare, nel frattempo comprato un tappeto: fucsia, a inserti fucsia, celesti e violetti.  Ho scritto al quasi coniuge inerte nella mattina invasa dalla mia presenza distante: “Il mattimonio è un istituzione borghese ma con te non è male”, incautamente pubblicato la conversazione tra le storie private di Instagram ma non incautamente per il lapsus (bello) ma per l’orrore ortografico (un po’ meno). Io, esimia correttrice di bozze in pectore per una importante casa editrice, insegnante di belle lettere, scrittrice a tempo perso e pieno, sbagliare un apostrofo? Sì, naturalmente capita e gli errori sono la porta della conoscenza ecc. ecc., ma insomma.  Spietatamente mi è stato fatto notare, da un severissimo amico. L’ho presa bene, ci ho scherzato, detto: evidentemente può essermi passato per […]

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