La fune

Leggi su Biró Patrizio fruga nello zaino da trekking con un ghigno sulla faccia. Dovevo capire che aveva in mente qualcosa quando ho visto che portava una sacca così grande, ma sapevo che mi avrebbe dato una risposta evasiva e che io non avrei insistito, per cui ho lasciato perdere. Vorrei soltanto ondeggiare nell’oblio della corrente e nel ronzio delle libellule che sfregano appena il pelo dell’acqua, e invece l’orecchio e l’occhio sinistro tendono verso Patrizio, e lo vedo, la pelle abbronzata, i capelli paglierini che spuntano dal cappello, gli occhi fervidi, che estrae qualcosa dallo zaino. Non ha caldo? Come fa a non venirgli voglia di tuffarsi, e perché io non gli dico di farlo? Una lunga corda arancione. È la prima volta che la vedo, deve averla comprata mentre ero via per lavoro. Dovrei chiedergli a cosa serve, e perché gli brillano gli occhi come se avesse la febbre, invece mi inabisso. L’acqua gelida mi punge le cosce, il buio mi accoglie. Ciuffi di alghe mi lambiscono le caviglie. Scivolo sul limo che ricopre i ciottoli, e dopo un po’ un lieve formicolio si propaga nel petto. Mi piace questo pulviscolo vischioso che aleggia nella corrente annebbiandomi la vista. Dovrei risalire. Mi sforzo di stare in equilibrio sul fondo, ma i sassi ruvidi mi sfiorano appena le piante dei piedi, la corrente mi spinge via.  Guardo in alto. Il mondo è un fascio di pulviscolo luminoso. Il formicolio nel petto si fa bruciore, vorrei aggrapparmi a qualcosa, anche a questo pesce che mi guarda spa […]

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