R100 | Non ci sono margherite a Torino
Leggi su In fuga dalla bocciofila di Herman Sapo Descontento (essi vivono) Con largo anticipo aspetto il ritardo del trentasette. Otto minuti. Quando finalmente arriva e salgo sull’autobus, il suo ritardo diventa il mio. La puntualità è importante. Me lo ripetono ogni giorno le stesse persone che mi impongono di fermarmi a lavoro oltre l’orario. Il ritmo della mia giornata è un ritardo inestinguibile. Sull’autobus si sta in piedi, accalcati. Si procede lenti. Dopo le prime quattro fermate le gambe mi fanno male come se avessi corso. La camicia mi si appiccica alla pelle, come se avessi corso. Fare la strada a piedi, correre davvero. Forse dovrei. Forse dovremmo tutti. Ma non lo facciamo. Stiamo qui, stretti come polli in batteria, disgustati da ogni contatto, dalla vicinanza forzata. La puzza di sudore si mescola nelle narici al profumo intenso di Rose Amira. Un profumo notturno. Anche lui è in ritardo a quanto pare. La regola non scritta è che non si guardano le altre persone. Le uniche parti del corpo permesse sono: le scarpe; le gambe dalle caviglie alle ginocchia; la schiena dalla cintura alle spalle. Se è possibile, è preferibile guardare fuori dal finestrino. Le persone a terra si possono guardare, perché è come se fossero su un piano temporale diverso. È comunque consigliato distogliere lo sguardo durante le fermate. La vicinanza uccide il desiderio. Non c’è bestia in questa scatola su ruote che provi attrazione per un compagno di viaggio. È una legge fisica che io chiamo il teorema […]