Lilith | Eugene e Eugene

Leggi su In fuga dalla bocciofila Il 30 gennaio del ’48 tutto il mondo parlava della morte di un ometto mezzo nudo che stava facendo lo sciopero della fame per convincere il suo governo a pagare una cospicua somma di denaro a un altro governo e evitare così la guerra. L’ometto mezzo nudo ce la fece, la guerra non scoppiò e lui si poté finalmente bere una spremuta d’arancia.  Qualche giorno dopo un estremista di destra, fingendo di salutarlo in mezzo alla folla, gli sparò tre colpi al petto con una Beretta, uccidendolo. Nonostante le proteste, l’assassino fu condannato a morte e impiccato.  Gandhi moriva così due volte, prima nel corpo e poi nelle idee. La lezione era fin troppo chiara: la violenza non vince mai. Trionfa.   Eugene violento lo era da sempre. Prima di abbandonare i suoi due figli picchiò la moglie Lyda con una mazza che teneva in camera, poi si tirò dietro la porta e via a impolverare le strade dell’Illinois. Il 30 gennaio del ’48 era questa la notizia del giorno in casa Hackman. In ogni caso non giravano giornali né riviste né libri nel muffoso appartamento al quarto piano del palazzo tra la tredicesima e Murray e il mondo si riduceva a quel buco di culo di città di ventimila anime da cui Eugene jr, il figlio maggiore di Eugene, avrebbe fatto carte false pur di scappare.  E così fece, letteralmente: scrisse 17 dove la carta d’identità diceva 16 e entrò nel corpo dei Marines. “I pochi, gli orgogliosi”. Si fece Giappone e Corea, prima di finire a New York come operatore radio. – Sei un basta […]

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