M. Il figlio del secolo | A braccio teso
Leggi su In fuga dalla bocciofila Il dottor Mariani entrò nella stanza 13 e vide una donna in lacrime accanto al letto del paziente. «È sua madre, che facevo, chiamavo la sicurezza?», bisbigliò l’infermiere. Il dottore avrebbe voluto ribattere che le regole valevano per tutti ma la signora si era già avvicinata a lui. «La prego, faccia qualcosa». Il Mariani abbozzò un sorriso e alzò una mano, come a benedirla, e quella tornò alla sua sedia, accanto al figlio. Il ragazzo aveva meno di vent’anni. Stava sdraiato, gli occhi gonfi che guardavano fuori dalla finestra. Un giovane all’apparenza perfettamente sano se non fosse stato per quel braccio destro teso che indicava il soffitto. Il padre, che fino a quel momento era rimasto in un angolo, si rivolse al dottore. «È successo stanotte. Era chiuso in bagno, non voleva uscire, ho minacciato di buttare giù la porta. Quando siamo entrati era così». Il Mariani ascoltava e intanto esaminava il braccio. L’angolazione era di circa 120 gradi rispetto al corpo. Fece una piccola pressione ma quello rimase immobile: abbassarlo era impossibile. I muscoli erano tesi, come se fossero attraversati da una trave di ferro, e le dita distese e serrate. «È una SBT. Sindrome da Braccio Teso», disse ai genitori. La donna raddoppiò i singhiozzi, l’uomo l’abbracciò, il ragazzo continuò a guardare fuori, con lo sguardo assente. Il Mariani dette le solite disposizioni all’infermiere: fare una radiografia, una risonanza magnetica (con e senza contrasto), un elettroencefalogramma e poi stecca […]