Nell’utero del mondo

Leggi su Biró La casa la comprammo all’asta e fu un affare. Un affare come se ne facevano tanti in quel periodo: con la Grande siccità tutti vendevano, scappavano, lasciavano le vite rinsecchite delle città per le riserve, per una speranza e il suo rigoglio, lì dov’era ancora possibile vivere come si viveva quando l’acqua non era un problema da risolvere, come lo è fare figli in un mondo senza acqua. Dei nostri amici, nessuno era rimasto in città. Ma io e Marta eravamo un’anomalia. Lo siamo sempre state, un’anomalia. A noi piaceva la città, nonostante tutto, ma volevamo anche una casa più grande. Perciò ci trasferimmo in questa vecchia villa scorticata dal sole in un inverno afoso, poco prima di Natale, un natale fasullo, senza neve né pioggia. Col senno del poi, non l’avrei presa questa casa, ma allora non potevo saperlo. Volevo vedere di nuovo Marta felice, sorridere nel modo in cui amavo vederla sorridere. A ogni gravidanza fallita, a ogni mi dispiace di un ginecologo qualsiasi, Marta era sempre meno Marta. A nulla serviva ripeterle il parere dei dottori: non era colpa sua ma dell’acqua artificiale, di un’acqua processata che, come tutte le cose originate dagli umani, finisce per diventare corrotta, una sporcatura. E in questa sporcatura di mondo, io e Marta cercavamo una nostra felicità. L’abbiamo trovata in questa casa. Rividi Marta sorridere per la prima volta dopo tanto tempo. Dopo tanto tempo mi abbracciò e mi disse: – Prendiamola, ti prego – e anche se non ne ero convinta del tutt […]

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