Fuga Fame Fede Frate

Leggi su Biró Ho camminato a lungo. Ho camminato stanco. Ho camminato tutto. Ho camminato fino a perdere le dita dei piedi, i calcagni, i polpacci. Succede così, senza dar troppo clamore: una mattina ti svegli e non hai più neppure il tuo corpo. Per un sadico tranello del destino che mi pretende ancora vivo, però, ogni parte del mio corpo è ancora al proprio posto. Volgendo lo sguardo verso il basso, piedi, gambe, pene e busto sono ancora lì. Tutto ha mutato forma, ma c’è. Non credo di pesare più cinquanta chili. Quando smagrisci a tal punto, la carne progressivamente si scioglie e pelle, muscoli e tendini si scolpiscono sullo scheletro. Vanno formandosi nuovi incavi nei quali le ossa si adagiano, e tutta la struttura ti si accascia dolcemente di conseguenza. Può succedere di veder cadere capelli, peli della barba, perfino unghie o denti; ma le fondamenta sono dure a cadere. Le ossa sono colonne di un tempio greco, ormai però oggetto dell’attrazione dei turisti e nulla più. Ho camminato per quattro anni. Un corpo come il mio porta la vita addosso. Puoi leggere tra le rughe, le cicatrici, le ferite ancora aperte la mia storia. Ho camminato per fuggire, certamente. Dal Dio che mi hanno comandato, e da chi ha forzato ogni via perché ci avvicinassimo. Ma ho camminato piuttosto per ricercare. Una verità in cui credere, una quotidianità da sposare, una casa da abitare. Ho camminato e ho trovato, anche. Allontanandomi da una cittadina provinciale del Veneto, ho proseguito sempre verso nord. Finch […]

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