Il deus ex machina di Labatut. La nuova crociata dei bambini

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Sarà pur vero che oggi più che mai viviamo in un’epoca in cui solo la tecnica potrà finalmente offrirci la consapevolezza della fragilità nostra e del nostro pianeta, ma sarà ancora una volta la letteratura a renderne disponibile il racconto. Sentiamo da due anni almeno, come voci di Cassandra, gli uni e gli altri, raccontarci la “svolta” delle nostre vite con l’avvento dell’intelligenza artificiale, in ogni campo dello scibile umano, in ogni parte dell’umano senza alcuna distinzione tra anima e corpo ma questo di Labatut è il primo libro, almeno per me, a tentare una genealogia appassionante di tale rivoluzione tanto cruenta quanta necessaria, per capire da dove si era partiti. Dalle prime pagine di questo romanzo (Maniac, Adelphi, nella traduzione di Norman Gobetti) vivamente consigliatomi dall’amico Miguel Gallego, sentiamo una profonda tensione tra vita e tecnica, una guerra senza esclusione di colpi, combattuta da eroi, generalmente scienziati, alle prese con le scoperte che hanno cambiato la storia dell’umanità, con tanto di nome e cognome e fatti che potremmo definire storici.  «Tutto ebbe inizio con un telaio meccanico, e devo dire che si trattava di un apparecchio mostruoso. Sembrava proprio la macchina sognata da Franz Kafka nel suo racconto Nella colonia penale, quella che incide sul corpo del condannato il comandamento che ha trasgredito: un gigantesco insetto metallico con diecimila zampe, che ingurgitava istruzi [...]

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