Parlami dentro è un incredibile, umanissimo atto performativo
Se c’è un testo dei tempi dell’università che più di tutti ha lasciato una traccia profonda in me, nella mia formazione come studente e persona, senza dubbio è Come fare cose con le parole di John Austin. Si tratta di una raccolta delle lezioni che Austin tenne all’Università di Harvard nel 1955 e poi pubblicate nel 1962, in cui il linguista e filosofo inglese enuncia la sua teoria degli atti linguistici, destinata poi a influenzare enormemente tutta la filosofia del linguaggio del Novecento.Di quel saggio sono due le cose che mi colpirono sin da subito: la prima è il titolo, traduzione letterale di quello inglese – How to Do Things with Words – che ancora oggi trovo incredibilmente evocativo; la seconda è l’introduzione, all’interno di questa teoria di Austin, degli atti performativi, ovvero quegli atti linguistici che non si limitano a dire qualcosa ma a farla accadere (dall’inglese to perform, eseguire). Per capirci, tra gli esempi più canonici vengono citate quelle espressioni pronunciate durante una cerimonia ufficiale come “Io vi dichiaro marito e moglie”, oppure “Io ti proclamo Dottore in Lettere Moderne”, situazioni in cui prima dell’enunciazione della frase dall’autorità preposta i novelli sposi erano solo fidanzati e il neo dottore era solo un laureando. A me che, già allora, mi sentivo abbastanza negato nella realizzazione di cose pratiche con le mani, con il corpo, sapere di poter far accadere delle cose soltanto con le parole sem [...]