Io li conoscevo bene. L’Amarcord dei sogni senza tempo di Maurizio Porro

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Se siamo fatti della stessa sostanza dei sogni (l’adagio è usato ma non perde mai d’efficacia) siamo abitati delle voci dei ricordi. Lo sa bene Maurizio Porro, decano dei critici teatrali e cinematografici italiani, che le ha radunate (coi volti che le portano) nel salotto di casa, come tante volte ha fatto nei decenni di una vita di cui si resta sempre in bilico tra invidia e ammirazione. Con la stessa fascinazione della giovane Stefania Sandrelli nel film cucitole addosso da Pietrangeli da cui prende in prestito il titolo, Porro tesse fin da giovanissimo una rete di incontri di artisti e talenti straordinari – che nelle ultime pagine del suo memoir diventano una galleria di ritratti salaci e acutissimi, fulminanti. Hitckock «fu sir, spaventò il mondo con humor, allevò e coltivò le sue nevrosi», mentre Jane Austen è una scrittrice britannica «di buone ma non innocenti maniere», e Paul Newman si sintetizza in misure di quantità: tre Oscar, un po’ di teatro, molte corse d’auto. Porro li racconta, in Io li conoscevo bene, pubblicato da La Nave di Teseo. Per lui, però, non c’è nessun ferale destino in agguato o delusione ad aspettarlo. Al contrario: c’è uno spazio di intimità forse unico, accuratamente instaurato nel tempo. E che apre chi lo legge (o lo ascolta) uno spioncino – affettuoso, mai invadente – su Marcello Mastroianni ghiotto di risotto giallo, su Federico Fellini che si fa dare un passaggio in macchina, come altrove su Mariangela Melato protagonista di interminabi [...]

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