Autopsia di un suicidio nel Koala di Lukas Bärfuss

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«È impossibile leggere una riga di Kleist senza pensare che si è ucciso. È come se in lui il suicidio avesse preceduto l’opera.» (Emil Cioran, L’inconveniente di essere nati) «Il suicidio ci obbliga a trovare la nostra posizione individuale sulla questione di fondo: essere o non essere. Il coraggio di essere (come ci si compiace di dire oggi) non significa semplicemente scegliere la vita nel mondo. La vera scelta è scegliere sé stessi, la propria verità individuale.»(James Hillman, Il suicidio e l’anima) «La domanda infatti non era: perché si è ammazzato? La domanda era: perché vivete ancora?»(Lukas Bärfuss, Il Koala) Nel 2011, per ben due volte, Lukas Bärfuss, scrittore, saggista e drammaturgo svizzero, si ritrova su un treno che lo condurrà nella sua città natale; in entrambe le circostanze l’occasione del viaggio è la stessa, ossia un suicidio: prima quello del poeta tedesco Heinrich Von Kleist, avvenuto nel 1811 a Berlino, sul quale era stato invitato a tenere una conferenza, e poi, a distanza di soli sei mesi, quello del proprio fratello, soprannominato Koala, «appellativo segreto e totemico» che Bärfuss sceglierà come titolo del suo originale e intenso romanzo autobiografico uscito nel 2014 e da poco pubblicato in Italia dalla casa editrice L’Orma nell’attenta traduzione di Margherita Carbonaro. «L’avevo chiamato un paio di settimane prima per informarlo della mia visita», scrive l’autore nella prima pagina del libro riferendosi al fratello maggiore, «benché fossi ce [...]

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