Sicilia e lingua dei sentimenti. Intervista a Veronica Galletta

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Ci sono penne a cui bastano poche righe per catturare il lettore, diventano in un batter d’occhio fedeli compagne di viaggio per lettori che cercano eleganza, emozioni e racconti che valicano i confini geografici per estendersi fino a quelli dell’anima. Veronica Galletta, che ha esordito nel 2020 con Le isole di Norman (Italo Svevo) vincendo il Premio Campiello Opera Prima, per poi arrivare in cinquina allo Strega con Nina sull’argine (Minimum Fax, 2021), torna, con grande gioia di chi ha imparato ad amare la sua prosa evocativa e cangiante, con un nuovo romanzo che è un fine esperimento di stile e di racconto: Pelleossa (Minimum Fax, 2023). Una favola arcaica, terrosa ed emotiva, vissuta, osservata e interpretata dagli occhi di un bambino che cerca di crescere in un’epoca e in un luogo sofferente dove c’è poco spazio per i sogni e per le stravaganze, se non vuoi essere considerato il pazzo del paese. Affascinanti sono le corrispondenze, le somiglianze e le trasformazioni nella produzione di Veronica Galletta, e proprio da esse prende il via la nostra chiacchierata. Veronica Galletta, dopo la Ortigia di Le isole di Norman, ti sei spostata nel cuore della pianura padana con Nina sull’argine, e ora con Pelleossa, sei tornata alla tua terra, la Sicilia: quella della Seconda Guerra Mondiale, degli alleati, della povertà. Come hai scelto quest’ambientazione? Non è stata una scelta ma una conseguenza. Ho “incontrato” la figura dello scultore Filippo Bentivegna, a cui è ispirato [...]

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