In compagnia dei lupi. La magia oscura di Joan Aiken

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Quando, il 13 dicembre del 1963, il nome di Joan Aiken comparve per la prima volta sulle pagine del Time, l’autore dell’articolo la indicò come «la figlia del poeta Conrad Aiken». Un’informazione veritiera ma superflua, perché se è vero che nascere in una famiglia di letterati può offrire solidi vantaggi a un’aspirante scrittrice, ciò non ne garantisce la qualità della scrittura. Al dubbio, o a un innocuo gioco di immaginazione, va dunque lasciata la reazione della scrittrice, quando correndo eccitata alla pagina 106 della rivista più importante d’America dovette vedere la propria gioia macchiarsi, per sottostare all’assurda dinamica che non la vedeva come una scrittrice, ma come la figlia di uno scrittore. L’autore dell’articolo spende alcune parole di apprezzamento per l’opera I lupi di Willoughby Chase e scrive di come «l’autrice a volte piroetta sul filo della scandalosa parodia letteraria senza mai intaccare la suspense di una storia adatta a chiunque, dai 7 ai 70 anni. I lupi di Willoughby Chase, infatti, è quasi una lezione sulle virtù che un classico libro per bambini deve possedere; fascino, uno stile proprio, l’abilità e l’autorità di creare un piccolo mondo senza scrivere ai piccoli lettori». Le virtù indicate, naturalmente, non dovrebbero riguardare solo i libri per bambini, ma tutta la buona letteratura. Consapevoli che tale magia non si possa ritrovare in ogni opera pubblicata è dunque un sollievo riscoprire, grazie ad Adelphi e nella traduz [...]

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