Femminista. Essere o non essere? Leggere Jessa Crispin tra dilemmi e desiderio

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Ennio Flaiano, in La solitudine del satiro, propone un’idea geniale per rendere inefficace il comunismo in un paese come il nostro, di democrazia parlamentare. È l’uovo di Marx. Basterebbe insegnare il comunismo nelle scuole. In quel caso non sarebbe necessario credere, ma solamente conoscere, studiare, e dal momento che gli studenti dovranno sgobbare per passare i tassativi esami nella materia del comunismo, esso verrà da principio odiato, e alla fine si sfoltiranno le file del partito stesso. E più la materia verrà semplificata nel vano tentativo di salvarla, più il comunismo diverrà una materia che non fa paura, così cessando di fare paura anche il comunismo stesso. Questo è il meccanismo che ci descrive Jessa Crispin, nel saggio del 2017 Perché non sono femminista (SUR). Comunemente, se credi che le donne siano esseri umani e che meritino di essere trattate come tali e che abbiano gli stessi diritti e libertà concessi agli uomini, sei femminista, o almeno così continuano a sostenere tutte quelle che dichiarano di esserlo. Crispin non solo dice di non esserlo, ma storce la bocca disgustata da questa accezione. Tutte le rassicurazioni che le femministe si premurano di fare nei confronti degli uomini perché essi non abbiano paura di loro, perché loro in primis non si identificano in femministe come Andrea Dworkin o altre estremiste, sono la testimonianza che a un certo punto del percorso verso la liberazione femminile si è deciso che il metodo più efficace per r [...]

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