21 grammi | Biglia

Leggi su In fuga dalla bocciofila     di Rebecca Moore     «Come sta tua madre?» le chiedevano ormai tutti, dopo l’incidente. «Bene, sta bene,» rispondeva lei. Si sentiva calare poi il silenzio, e questo quasi le piaceva, ché davvero lei non aveva altro da dire. Anche se sapeva che gli altri avrebbero volentieri aggiunto qualcosa. «E come va il lavoro?» «Sai, il solito.» E sorrideva. Non voleva mai apparire scortese; ecco il suo trucco. Si otteneva sempre tutto con la gentilezza. Ma più che altro voleva rimanere con se stessa, fra il cuneo di quei suoi pensieri e il suo silenzio, e non lasciarsi perforare dalla curiosità; dalle illogiche interferenze, da quel male delle parole altrui. Da poco avevano preso un cane. Era tutto criniera, nero, con la coda lunga e gli occhietti viola, e se lo pettinavano sembrava avesse fatto la permanente; e aveva una sua dignità signorile, benché non fosse altro che un cucciolo di creatura. Mangiava solo se lo imboccavi e si vergognava a fare i bisogni davanti agli sconosciuti. E gli avevano dato nome Biglia. Gli occhietti gli roteavano dal basso verso l’alto, se ti appoggiava il muso sulla mano, in cerca di carezze. Il giorno che arrivò, lei si disperò; mentre i suoi erano contenti, sembrava si fossero tolti un peso. Si convinse allora che avesse fatto bene ad insistere, se li vedeva così alleggeriti; per troppo tempo li aveva visti ridere poco, solo per le occasioni. Una partita a carte; una rara festa. E si battibeccavano che era uno sfinimento. Si fraint […]

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