Marilyn, noi e Filippo Timi

Leggi su Limina

Sono molti i personaggi letterari che si prestano ad essere oggetto di studio, di rielaborazione, di riscrittura. Più raramente capita che questo trattamento venga riservato anche a volti pubblici, talmente celebri da essere diventati vere e proprie icone. Marilyn Monroe icona lo era già a trent’anni, ancora in vita, quando la sua stella brillava e il suo talento aveva da forgiarsi. La morte, avvolta da mistero, soggetto di mille teorie divergenti, non ha fatto altro che erigerla a mito assoluto, immortale proprio perché scolpita nel tempo, carica della sua bellezza e avvenenza.  Fiumi di inchiostro sono stati scritti, sulla diva, sull’attrice, sulla donna: c’è chi come Joyce Carol Oates ha cercato di dar valore ad ogni momento della vita di Norma Jeane, voce ad ogni pensiero di Marilyn, offrendo materiale prezioso per quel vorticoso, frammentario e dissonante film, incompreso e controverso, che è stato Blonde di Andrew Dominik. Ma perché Marilyn ci piace tanto? Perché in lei ci ritroviamo. Ed è da questa domanda, forse un po’ troppo retorica, che prende vita e su cui si sviluppa il nuovo lavoro di Filippo Timi, Marilyn, edito da Feltrinelli, che presto sull’onda dei reading e delle presentazioni, potrebbe diventare un nuovo spettacolo teatrale. Un personaggio ricorrente nella produzione di Timi, spesso celato sotto il biondo, l’indole svanita, e il bisogno d’amore di personaggi che portavano altri nomi o incarnavano differenti entità. «Se penso a Marilyn mi viene vog [...]

Racconti correlati