«Ti dirò Gerry, non è tutto buio». Roger Waters e The Dark Side of the Moon Redux

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Roger Waters realizza l’impossibile. Per decenni ha percorso corridoi senza luce, guidato solo dall’ottimismo che la musica sa creare quando riesce a diventare fotosintesi artistica e a trasformare l’esistente in nutrimento. Lui lo ha fatto andando a pescare nella propria storia personale, e quando ha trovato il lato oscuro della luna ci ha girato intorno, ha abbracciato la vecchiaia (80 anni compiuti il 6 settembre scorso), ha osato e non si è eclissato: anzi è risalito a un album poco noto, la colonna sonora di Obscured by Clouds (sempre lì, guarda lui, dove la foschia non è un muro invalicabile, ma l’energia per superare l’ostacolo), utilizzando il testo della canzone Free Four per un innesto narrativo efficace e capace di andare verso le radici del capolavoro floydiano, l’album che ha segnato più di un’epoca, semplicemente perché ne ha definite tante con un risultato artistico che esula dal contesto in cui nacque, ovvero la musica popolare. Lì, nelle azioni del giovane uomo, ha trovato i ricordi dell’uomo anziano. Ma non vecchio. Così ha ritrovato la chiave, ha aperto la Grande Piramide Rock, una delle vette creative della civiltà umana, The Dark Side Of The Moon, uscito nel 1973, registrato nel 1972 ad Abbey Road, London Town. Dove ha registrato anche questa nuova versione che ha significativamente intitolato Redux, per rispetto ai compagni di allora e a una visione giunta proprio in quella musica e in quei testi a un’unità di intenti mai avuta prima e mai più to [...]

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