Al confine. Vite segnate dal potere dei luoghi

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Se c’è un ostacolo che si incontra leggendo per la prima volta Francesco Biamonti è la presenza costante, continua del territorio: qualsiasi dialogo, qualunque personaggio, non esistono di fronte al potere nascosto dei luoghi. Nessuna storia, ci dice lo scrittore ligure, possiede la forza di sovrastare il vento, il mare, la terra. I suoi personaggi sono solo comparse, ombre, talvolta dotate di parola (poche e brevi frasi), che occupano per un periodo più o meno lungo, e rigorosamente misurato in stagioni, un posto. È il caso, ad esempio, dei protagonisti di Le parole e la notte (Einaudi, 2014) dei quali fatichiamo persino a ricordare i nomi, tanto sono consumati dal vento di una terra vaga, a cavallo tra Francia e Liguria. Vivere al confine significa anche rassegnarsi al fatto che il proprio destino rimanga incompiuto, rarefatto: persino la violenza e il dolore, in Biamonti, assumono i contorni opachi di una dolce arrendevolezza. «Così era la vita: un andamento di mali peggiori scansati per caso»: è solo una delle poche frasi, nitide, taglienti, che arrivano improvvise in una trama pressoché inesistente, fatta di sfondi, persone appena tratteggiate, gesti.Sono i luoghi a raccontare la nostra storia e a plasmare la nostra identità? E cosa accade quando si nasce e si cresce in un paese di frontiera? «Sarebbe meglio non stare sui confini – si limitò a dire. – O forse tutto il mondo è uguale». Le terre di mezzo sono calamite, in un attimo sono capaci di attirare ciò che, in qu [...]

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