La parola come gesto. Intervista a Marta Cai

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Quando a Milano sono le 18, a Curitiba, in Brasile, è ora di pranzo. Mentre qui è estate – l’estate più calda della Storia – nell’emisfero australe è già (o ancora) inverno. A Curitiba abita Marta Cai, che abbiamo intervistato in occasione della sua candidatura al Premio Campiello 2023. Marta Cai è l’autrice di Centomilioni (Einaudi), uno dei romanzi in lingua italiana più riusciti dell’anno. Una storia esile raccontata con una lingua strabordante, che inganna le regole della semantica e permette alle sue parole ribelli di battagliare e sconfinare, di occupare tutto lo spazio che possono e non concedere mai requia. Teresa e Alessandro appartengono a due solitudini simultanee eppure differenti. Lei ha quasi cinquant’anni, insegna inglese (ma lo parla male) e vive con i genitori in una trincea di nevrosi ed esasperate ossessioni. La sua è una vita in costante sottrazione e il suo corpo è un vuoto a perdere. Vuole amare, Teresa, ma non sa come si fa. Vuole solo amare e dirsi amata. E allora si innamora di Alessandro, uno studente inconsapevolmente bello come un puledro, un ragazzo abbandonato a sé stesso, senza soldi e senza affetti. Anche Alessandro vuole amare, ma non lo sa. Crede di volere i soldi, la sua ossessione. Il suo unico credo. Centomilioni è una storia di assilli e solitudini, un racconto sui corpi che, ostinati, desiderano senza saperlo fare. Partiamo dalla fine. La voce narrante definisce il libro “un’allucinazione della solitudine” e “un elogio del fumare”. Ci [...]

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