Per una contro-storia dell’industria italiana. Intervista a Giuseppe Lupo

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«Modernità è un termine che allude a un argomento scivoloso, mai univoco, declinato quasi sempre per approssimazioni o strati». Nel suo ultimo saggio, La Modernità malintesa (Marsilio, 2023), Giuseppe Lupo si misura proprio su questo tema così dibattuto – e di difficile definizione – andando a toccare, uno dopo l’altro, i nervi che lo hanno contraddistinto: il rapporto fra Nord e Sud della Penisola, quello fra intellettuali e industriali, fra uomo e macchina, e poi lo svuotamento delle campagne, i tentativi di innestare modelli utopici di lavoro, l’esplosione del consumo di massa, l’evoluzione dell’ideale di bellezza, di successo, di sostenibilità e tanto altro ancora. Basta passare in rassegna l’indice dei nomi di questo libro corposo (368 pagine) per rendersi conto della quantità, ma soprattutto della qualità, dei personaggi coinvolti in una ricognizione estesa a quasi tutto il Novecento italiano. Ovviamente queste figure non si susseguono in maniera lineare, come in un elenco puntato, bensì si prendono, si lasciano, si ritrovano man mano che il discorso procede. Vista così, sembra una missione destinata a fallire. Al contrario, grazie a una scrittura che non perde mai tensione né piacevolezza letteraria, Lupo riesce a muoversi con sicurezza dentro alle biografie e alle opere, dentro a questioni sociologiche o filosofiche intricatissime – quando il prefisso ‘neo’ diventa ‘post’ è una delle numerose e acute domande sulle quali, anche terminata la lettura, si continua a ri [...]

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