Se qualcuno ti chiamasse un tentativo. Una conversazione con Giordano Meacci

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La parola che Giordano Meacci usa più spesso è tentativo, talora nella variante di azzardo. Come lo sono i protagonisti più poetici del suo affascinante Acchiappafantasmi (minimumfax), i senza carta. Frammenti incompiuti, perduti, nascosti, che trovano dignità poetica e prendono vita nel mondo che abitiamo. Tracce di grande letteratura o di parole possibili. Così, in Acchiappafantasmi, Meacci – con la sua prosa luminosa e coraggiosa – ripercorre tutta la propria esistenza in frammenti: racconti, ritratti, esperimenti per dar forma a un abbecedario degli affetti e delle declinazioni possibili della parola. Un viaggio multiforme e cangiante (lui direbbe «stellante») nel potere senza confini della letteratura, in un dialogo personale abbacinante con il Meacci autore che si trasforma in voce collettiva.  Squaderna mondi, come accade di fare parlandone con lui. Parole, suoni e immagini, e tutta la sua intelligenza, che ne fanno l’interlocutore ideale per rispondere ai grandi interrogativi sul senso della parola, della lingua e del loro farsi. Pasolini, parlando del passaggio dalla letteratura al cinema dice: «Io pensavo di avere cambiato mezzo, in realtà, mi sono accorto che ho cambiato lingua, Il cinema è un altro sistema di segni. Invece di raccontare attraverso la trasformazione della realtà mi permette di raccontare attraverso la realtà». Il cinema è l’altro linguaggio della tua vita, e uno degli altri linguaggi e dei cardini anche del lavoro che hai fatto su Acc [...]

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