Un cuore diverso. Metodo, tradizione e futuro della generazione in poesia

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il mio cuore, diversissimo da prima,è come lo vuole la mia generazione.(Tiziano Rossi, da Il cominciamondo) 1.«La poesia si è fatta generazionale», ho sentito dire – persuadendomene dopo un primo rifiuto – da un giovane studioso di letteratura. Belli e perduti (?) i tempi in cui le nuove voci della poesia cantavano nello stesso coro dei fratelli maggiori, dei padri e delle madri, dei nonni e delle nonne persino. E non è solo un fatto di compresenza, ma di contemporaneità: di ascolto. È un fatto che, a esclusione delle antologie bisognose di mettere ordine attraverso raggruppamenti e centurie, la poesia degli anni Ottanta ha raccolto in una città come Roma non solo poeti, ma interlocutori veri come Dario Bellezza e Amelia Rosselli, le più giovani (allora) Patrizia Cavalli e Biancamaria Frabotta, Antonio Veneziani e Jolanda Insana, i maestri come Giorgio Caproni e Attilio Bertolucci, Maria Luisa Spaziani e moltissimi, moltissimi altri. O, a Milano, ha visto lavorare insieme (anche talvolta nella divergenza di idee) Franco Fortini e Giovanni Raboni, Maurizio Cucchi e Milo De Angelis, Patrizia Valduga e Vivian Lamarque… (Apro qui una breve parentesi. La geografia, la provenienza, le “scuole” se vogliamo spingerci a tanto, erano tra l’altro rappresentazioni più o meno reali, naturalmente esemplificative, di una lontananza da colmare con un dialogo e un confronto serrato e rigoroso, erano un fatto sì di appartenenza, ma pure un terreno fertile di scambio. La poesia si è fatta ge [...]

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