la Rivisteria incontra Nadja

Nadja è una rivista letteraria online nata ad aprile 2020 dal lavoro di Davide De Maria e Jacopo Silenzi. Un omaggio al surrealismo fatto di racconti rabbiosi e poetici, fuori dall’ordinario, capaci di sondare gli abissi dell’inconscio e dell’immaginario.


1. Nadja è un lavoro a quattro mani. Ci raccontate chi c’è dietro le quinte della rivista e come è avvenuto l’incontro che ha portato alla sua nascita?

J: Ci siamo conosciuti negli anni torinesi alla Scuola Holden che abbiamo finito nell’estate del 2019. Siamo sempre stati accomunati da letture e gusti che non sono considerati come dovrebbero dal panorama odierno. Abbiamo avuto un paio di lezioni con Vanni Santoni; si è parlato di “dieta letteraria” e di riviste letterarie. Abbiamo seguito il suo consiglio di fondarne una ed eccoci qua.

D: Fondare una rivista è stato anche un modo per espandere le nostre letture, per riscoprire un linguaggio poetico che non deve per forza essere in versi e andare a capo, ma un linguaggio lirico che sia in grado di parlare anche di ciò che non è immediatamente percepibile.

E poi Nadja è stato soprattutto un modo per rimanere in contatto, essendo io della provincia di Genova e Jacopo di Frosinone.


2. Perché il nome Nadja?

D: Nadja prende il nome dall’omonimo scritto di André Breton, fondatore del movimento surrealista. Non è propriamente un romanzo: è uno scritto a tratti molto lirico che parla di un senso di attesa che Breton percepisce e non sa spiegarsi. Questa attesa si manifesta attraverso Nadja, una ragazza con problemi psichici che Breton conobbe davvero.

Un’altra cosa che ci piace e che abbiamo messo nella rivista sono le immagini, le fotografie che anche Breton ha inserito nella sua opera. Sono immagini che sprigionano una propria forza e che, come Nadja, hanno l’effetto di aprire un mondo, nell’attesa di stupirsi. E questo è proprio lo spirito della rivista.


3. Perché fra le tanti correnti artistico-letterarie è stato proprio il surrealismo a ispirarvi?

D: Volevamo una rivista che desse piena libertà creativa agli autori, che sapesse osare, stupire e giocare con il fantastico.

Breton racconta che amava aggirarsi fra i mercatini di Parigi come un bambino, lasciando che le cose arrivassero a lui. L’idea surrealista di Breton è strettamente legata proprio a questo senso di libertà e stupore, al rifiuto dello spirito letterario nel senso accademico e commerciale. Tutto dipende dalla predisposizione. In Nadja, il protagonista se la impone. Se non si fosse imposto quasi come per esercizio di liberasi dalla morale e dai preconcetti non si sarebbe mai seduto al tavolino di un bar con una ragazza che disegnava cose strane. La nostra rivista cerca di avere questa predisposizione.

Questo ci accomuna al surrealismo.

I racconti che pubblichiamo, però, non vanno etichettati come surrealisti, nel senso proprio del movimento; più correttamente, potrebbero essere definiti surreali, onirici, a tratti grotteschi. Detto questo, è importante che il surreale non risulti forzato, è facile scadere nell’immaginario comune. Leggendo un racconto il mondo narrato deve apparire credibile, seppure nella sua straordinarietà. Noi abbiamo pubblicato Verderame di Sara Buono: un racconto pervaso da un immaginario completamente surreale, che ti avvolge con naturalezza e, per quanto magico, lo senti credibile.


4. Come avviene la realizzazione di un numero di Nadja?

D: Non siamo in attesa del racconto “perfettino”, ben calibrato a ogni costo, non c’è niente di male in questo, ma noi siamo in attesa di una voce che ci colpisca. Non diamo un limite di battute, a dire il vero non diamo alcun tipo di vincolo.

Non saprei neanche dire se siamo in cerca di racconti.

J: È bello che ci arrivino anche testi diversi. Inoltre, assieme ai racconti, gli autori ci inviano le fotografie da associarvi. Ci piace molto questo, perché è interessante il cortocircuito che si crea fra racconto, che si presume molto personale e introspettivo, e una fotografia, che è invece oggettiva, in quanto riporta un aspetto esteriore.

D: Per la fotografia prediligiamo il bianco e nero come nel libro di Nadja. È anche un modo per avviare il confronto con l’autore e lavorare poi assieme sull’editing del testo.

Prima di pubblicare un nuovo numero ci deve convincere tutto l’insieme: la successione dei racconti, le fotografie, anche la quarta di copertina. Questo ci porta a non trovare facilmente il materiale che ci renda pienamente sicuri di pubblicare. In tutti i campi artistici, oggi, c’è una rincorsa al tempo, alla pubblicazione, quando artisti come Battiato e De André ci impiegavano anche cinque anni per fare un album. Noi non percepiamo l’attesa come negativa, ma come un tempo di realizzazione di qualcosa che sì farà e che ci stupirà, prima o poi.


5. Le pubblicazioni delle riviste letterarie sono moltissime e non è possibile leggere tutto. Ogni giorno, sul sito de la Rivisteria vengono pubblicati mediamente 30 nuovi racconti. Voi come scegliete cosa leggere e come consigliereste ai vostri lettori di leggere la vostra rivista?

D: Solitamente io mi lascio ispirare, magari incappo in una frase che mi attrae e da lì inizio la lettura.

J: Per la lettura di Nadja consiglierei di stamparla, mettersela sul comodino, sulla scrivania o salvarla sul cellulare, e ritagliarsi del tempo per leggerla, anche un racconto alla volta. Considerato quello che cerchiamo nei racconti, dedicarsi dei momenti per una lettura di qualità può aiutare a immedesimarsi nelle storie e a trovare una tregua dalla routine quotidiana. Poi magari qualcuno se la legge tutta di un fiato, e va benissimo, anzi, me lo auguro.

Secondo me ognuno dovrebbe lasciarsi guidare dalla sua curiosità.

Fosse un libro vi direi: “apritelo a caso”.

D: Purtroppo non si può fare, o almeno non ancora!


6. Nadja naviga nel mondo dell’inconscio e dell’onirico. Ma Nadja ha un sogno nel cassetto?

J: A me piacerebbe molto, ma sono convinto anche a Davide, quando si tornerà un minimo alla normalità, stampare qualche cartaceo, mettersi d’accordo con una libreria indipendente o con un bar e riuscire a organizzare un momento tutti assieme dedicato alla lettura, con della buona musica, bevendo in compagnia. Dato che la rivista è nata in piena reclusione, la dimensione sociale ci è mancata molto e sarebbe bello recuperarla.

D: Ci piace l’impianto che abbiamo trovato: la copertina, le foto, la quarta. Per cui non sarebbe male diventasse una rivistina stampata e metterla in vendita nelle piccole librerie. Mi piacerebbe un giorno poter ammirare tutti i numeri in fila qui, uno a fianco all’altro ( * indica la libreria alle spalle *, NdR).


7. Se invece di nascere nel 2020, fosse nata negli anni 20 del Novecento, come sarebbe stata Nadja?

J: Come oggi, semplicemente uno l’avrebbe letta sorseggiando alcool di contrabbando in compagnia di Fitzgerald.

D: E soprattutto, i racconti sarebbero stati scritti sorseggiando alcool di contrabbando.


8. Il primo numero è stato pubblicato ad aprile. Quando uscirà il prossimo?

D: Al momento non abbiamo ancora una data di uscita. Ma ci lavoriamo costantemente.

J: Sì, con Jacopo c’è un confronto continuo sul nuovo numero, ci scambiamo vocali, immagini, messaggi Whatsapp. Siamo sempre lì con la testa. Sarà un bel numero.


9. È ora periodo di feste e solitamente abbiamo più tempo a disposizione. Quali sono due letture che consigliereste per queste vacanze?

D: Bohumil Hrabal. Sto leggendo molto questo autore, la casa editrice è prevalentemente E/O. Hrabal è nato nella Repubblica Ceca, nella vita ha fatto svariati mestieri che ha riportato nei suoi romanzi, spesso molto brevi. La sua scrittura è segnata sempre da una vena surreale, al limite dell’improbabile, un umorismo tragicomico, grottesco che amo molto. È stato una scoperta.

J: Riallacciandomi al surrealismo straniero io consiglio quella che è stata la mia lettura estiva e che mi ha accompagnato per un bel po’ di tempo: Paradiso di José Lezama Lima, un autore cubano, pubblicato da edizioni SUR. Ha uno stile assolutamente personale: si capisce già dalle prime pagine quanto sia originale. Essendo arrivati a Natale, potrebbe essere un gran bel libro per svernare: colorato, caldo, con prosa suadente.

D: “Non regalo un Hrabal” che fa poca scena, dici. Con Paradiso, sotto l’albero, trovi un pacco così! (* 800 pagine, NdR *).


10. E due film consigliati?

J: Come film consiglio: Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, perché mi piace molto lo spirito che pervade la pellicola ed è in qualche modo affine a quello della rivista. È un film che fa un po’ come gli pare. Quando l’ho visto ero elettrizzato.

D: Sarò più scontato, ma io dico Otto e mezzo di Federico Fellini, tutte le volte che finisce ho la pelle d’oca. Una delle cose per cui mi piace è che parla della produzione artistica e sembra dire “Tu sei l’artista, ti rispettiamo, però oh devi stare coi piedi per terra, perché qui c’è da portare gente al cinema e fare botteghino”.


11. E per finire vi propongo un gioco surrealista. Il “cadavre exquis”, ovvero il gioco dei “cadaveri eccellenti”. Consiste nel comporre un testo in gruppo, alternandosi alla scrittura, con il vincolo che ogni partecipante conosce solo la parola finale del contributo precedente.

D: Divertente, proviamo!


D: Sto bevendo dalla tazza

J: che non si ruppe cadendo sulla sabbia

D: su cui scorrazzavano granchi

J: battagliando al tramonto

D: che illuminava, di Nadja, il perizoma.

Grazie Davide, grazie Jacopo.


a cura di Mario Barbarino — la Rivisteria


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Davide De Maria   Jacopo Silenzi
Davide De Maria, classe 1989, nasce in provincia di Genova. Si è laureato al DAMS con una tesi su Paolo Sorrentino, e si è diplomato in Storytelling alla Scuola Holden. Ha lavorato come libraio e nei cinema. Insegna Storia del cinema e del linguaggio cinematografico.   Jacopo Silenzi, classe 1998, nasce a Roma. Si è diplomato in Storytelling alla Scuola Holden e al momento è iscritto alla facoltà di Antropologia, religioni e civiltà orientali dell’università di Bologna.


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